L'EDIFICIO
& NANDA VIGO
Nella foto:
Il prospetto dell’edificio progettato da Nanda Vigo in corrispondenza dell’accesso
l'EDIFICIO
Un edificio bianco, un grande cilindro centrale che compenetra i piani e gli spazi espositivi, una preziosa scala elicoidale e grandi pareti a specchio...
IL MUSEO ALTERNATIVO
Brindisi immagina un luogo adatto a contenere la propria collezione e a renderla pubblica in un grande spazio multiuso, dove fosse possibile vivere, lavorare ed esporre.

Il Museo, noto come “Museo Alternativo” è opera dell’amica e architetto Nanda Vigo e viene aperto nel 1973. Secondo le intenzioni di Brindisi, l’opera d’arte come l’architettura e gli elementi di arredo dovevano interagire assieme in una osmosi che potesse consentire una veduta d’insieme del panorama artistico contemporaneo.
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All’interno, per semplificare questo concetto integrativo, abbiamo dovuto tenere presente almeno tre presunte condizioni di inserimento: una collezione permanente di quadri e opere grafiche in continuo divenire, un inserimento vero e proprio nell’architettura, e spazi per ospitare mostre temporanee a vari livelli espressivi. Ci siamo avvalsi di effetti prospettici artificiali e abbiamo creato effetti luminosi (naturali e artificiali), sempre però legati alla struttura stessa dell’edificio, in modo che tutte le opere siano integrate per il piacere dell’occhio del fruitore, ma che ciascuna sia realmente protagonista.

Nanda Vigo

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Remo e Nanda

Casamuseo Remo Brindisi, interno

Nanda Vigo, Trigger of the space, 1974, Galleria Vinciana, foto Aldo Ballo, courtesy Archivio Nanda Vigo

Il Museo Alternativo è stato progettato e costruito tra il ‘67 e il ‘71 in collaborazione con l’amica e architetto milanese Nanda Vigo.

Se l’interdisciplinarietà tra arte, architettura e design è stata per Nanda Vigo un motivo centrale delle sue opere, l’intregrazione tra le arti è un concetto condiviso tra i due nel creare l’esperimento del Museo Alternativo.

Brindisi e Nanda Vigo sono due personalità tra loro differenti per formazione ed esperienze creative, ma con una visione comune dell’arte nella realtà contemporanea.

Nanda Vigo, costruisce un ambiente “cronotopico” (dal greco kronos e topos, tempo e spazio), nel quale la luce e i materiali trasparenti hanno un ruolo fondamentale per generare ambienti da esplorare.

Luce come libertà di conoscenza e superamento della quarta dimensione, il tempo.

Galleria di immagini dell'edificio negli anni Settanta

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[Un] progetto architettonico, con il senso concreto di un luogo, in un paesaggio amato di luce e di aria. Il suo doveva infatti essere un museo vivente, dove l’immaginazione si fonde con il quotidiano e il sogno con il reale e in cui si iscrive una storia, un’esperienza individuale in dialogo con le forme e con le interne pulsioni dell’esistenza.

Ezio Raimondi, “Casa Museo Remo Brindisi. Una collezione d'artista”, Bologna, 2005

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Nanda Vigo

Nanda Vigo con Lucio Fontana, Galleria Vinciana, 1964,
foto Laura Salvati

Nanda Vigo nel suo Ambiente Cronotopico, Eurodomus, Torino, 1968. Foto di Ugo Mulas, dettaglio

Nanda Vigo, archietto, artista e desiger, ha saputo sviluppare una poetica personale basata essenzialmente sul concetto di annullamento della materia e una sua rilettura attraverso la luce.

Formatasi alla scuola di architettura di Losanna, ha fatto parte, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del movimento internazionale “Zero” e ha collaborato con Giò Ponti, Lucio Fontana e Piero Manzoni.

La ricerca di Nanda Vigo ha come oggetto principale la percezione dello spazio. Utilizza materiali trasparenti, traslucidi, riflettenti o completamente opachi per veicolare la luce, naturale o artificiale, in modi diversi e mutevoli, generando impressioni incerte di spazio e tempo. In tal senso gli elementi compositivi della sua opera, tra cui il cosiddetto cronotopo (tempo-spazio) sono utilizzati per trasformare la percezione dello spazio da fisica a mentale.

Il cronotopo, tempospazio, mette in scena infatti la luce indiretta filtrata da materiali che generano sensazioni di mutazioni, impressioni incerte di spazio e luminosità, difficilmente percepibili in un limite concreto.

Tutta la sua attività artistica si può dire che lavori sulle riflessioni luminose che piegano lo spazio e la materia. Nanda racconta che quando Gillo Dorfles nel 1965 visitò il suo “Ambiente cronotopico” a Milano ne rimase sorpreso e complimentandosi con lei osservò che non capiva se si trattasse di architettura o di un’opera visiva.

Questo aneddoto suggerisce lo stupore che l’opera di Vigo suscitò e l’innovazione che rappresentò in Italia nel momento in cui il concetto di “installazione” non era ancora emerso.

L'edificio allestito con la Collezione Brindisi